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Specogna, l’azienda vitivinicola familiare sulla vetta d’Italia e del mondo

Specogna, l’azienda vitivinicola familiare sulla vetta d’Italia e del mondo

I miei primi passi li ho mossi in vigna, questo posto e questo lavoro fanno parte di me, della mia storia; vedendo ogni giorno l’amore, la dedizione e la cura di mio nonno Leonardo e mio papà Graziano per il vigneto è stato impossibile per me non innamorarmene a mia volta”. Cristian Specogna è da poco stato nominato “miglior giovane vignaiuolo italiano 2023”, ma il primo aggettivo che viene alla mente scambiando con lui una piacevole chiacchierata è umiltà. Un lavoro, infatti, rimane solo un lavoro se non si condivide la vera essenza dello stesso.

Un’essenza che traspare in ogni sillaba pronunciata da Cristian che, nel tempo, assieme al fratello Michele, ha saputo trasformare l’azienda di famiglia a sua immagine e somiglianza. Specogna è, infatti, un’impresa autentica, brillante e che sa reinventare ogni anno il suo prodotto in modo originale, mantenendo intatta la storicità dell’essenza delle colline della Rocca Bernarda a Corno di Rosazzo. “Non bisogna avere paura di osare e sperimentare – rivela il vincitore di Vinoway ItaliaSe il clima cambia, anche le tecniche agronomiche devono mutare“.

Per questo motivo negli ultimi mesi ho iniziato un progetto di studio e di zonazione del vigneto per comprenderne al meglio le peculiarità pedoclimatiche e agronomiche e realizzare una sorta di carta di identità della vite: perché ogni piantina fa storia a sé“. Venticinque ettari coltivati a vigneto per una produzione annua di 120mila bottiglie esportati in 40 paesi al mondo tra cui Giappone, Stati Uniti e Gran Bretagna”.

La forza dell’azienda Specogna è certamente, però, la grande attenzione alla sostenibilità ambientale: “Il nostro approccio all’agricoltura nella gestione dei vigneti segue i dettami della conduzione biologica – rivela ancora Christian – Inoltre, in azienda abbiamo installato una serie di impianti fotovoltaici che ci permettono di essere indipendenti come consumo elettrico; abbiamo anche dato avvia alla produzione di miele, che si affianca così a quella casearia, inserendo delle arnie d’api all’interno delle nostre colline per valorizzare l’attività di questo insetto così fondamentale per l’ambiente“.

Non solo: “Abbiamo aumentato la superficie a bosco delle nostre tenute proprio per creare ancor più biodiversità – sottolinea l’imprenditore – Il nostro scopo è quello di creare un ecosistema in equilibrio“.

Ma sostenibilità per Specogna non significa solo green economy: “Essere un’azienda sostenibile vuol dire creare un impatto positivo anche nel territorio in cui si vive – rivela – La sostenibilità economica oggi deve viaggiare alla stessa velocità di quella ambientale”.

Noi siamo molto legati a queste terre e cerchiamo in ogni modo di restituire loro quello che ci hanno dato in tutti questi anni. Collaboriamo, infatti, da tempo con la Fondazione ProgettoAutismo FVG con la quale abbiamo trasformato dei quadri realizzati dai ragazzi in etichette a edizione limitata per le nostre bottiglie i cui proventi sono stati donati alla fondazione stessa”.

 E poi c’è il recupero delle vinacce che diventano pasta d’autore grazie alla collaborazione con un chef locale: “Il tutto ovviamente con un packaging ecosostenibile – dice ancora Cristian – Per migliorarti devi sempre avere fame, costanza e resilienza; l’obiettivo 2024 dell’azienda Specogna? Aumentare ancora di più la qualità dei nostri prodotti per portare il vino del Friuli a primeggiare in tutto il mondo“.

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I fiori all’occhiello della cantina Specogna

Duality

Tra i bianchi top di gamma della cantina di Rocca Bernarda vi è senz’altro il Duality che ha ottenuto le quattro viti nella guida ai vini d’Italia Vitae 2023.

Duality nasce dall’ unione (Dualità) di uve di Sauvignon blanc ottenute in vigneti con caratteristiche opposte. Un appezzamento, infatti, ha esposizione a Sud/Sud-Est in medio-alta collina permettendo alle uve che si raccolgono di raggiungere maturazioni più elevate garantendo così struttura, calore e morbidezza. L’altro vigneto è invece esposto a Nord-Est, in bassa collina, in una zona che risente maggiormente delle escursioni termiche che forniscono note aromatiche più varietali e una maggiore acidità che dona grande freschezza.

Picolit

Il Picolit è considerato una gemma dell’enologia italiana. Probabilmente l’origine del suo nome deriva dalla scarsa produzione dei suoi acini e grappoli oppure, secondo altre versioni, per le ridotte dimensioni della sua uva. Questo vino è da sempre molto prezioso basti pensare che la sua produzione, ancora oggi, non supera in tutto il Friuli i 900 ettolitri. Ciò è dovuto al fatto che la vite di Picolit produce pochissimi e radi acini, circa 10-15 acini per grappolo, in quanto è caratterizzato da infiorescenze molto soggette ad aborto floreale.

Proprio per questo ha sempre avuto un’immagine di grande esclusività, divenendo nei secoli scorsi il vino per eccellenza delle grandi occasioni che deliziava i palati dei principi e dei Papi. Carlo Goldoni lo definì la gemma enologica più splendente del Friuli, mentre il Veronelli lo descrisse così: “Fermo e aristocratico; ha nerbo deciso e stoffa alta, che si compiace sino a coda di pavone; grandissimo vino, vino “da meditazione”.

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Michela Trada

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