Vanessa, un nome familiare per chi è abituato a seguire i programmi condotti da Maria De Filippi. Una giovane donna che affianca la regina della tv da diversi anni. Io ho deciso di incontrarla quella ragazza dolce e determinata dallo sguardo diretto.
Prima di intraprendere insieme a lei il viaggio in quella storia che si rivelò, nel 1993, l’inizio della sua carriera, le ho chiesto di fare un passo indietro, le ho chiesto di immaginare come sarebbe andata se quel giorno non avesse avuto la tv accesa. In quel periodo cominciava a scrivere per “Il Messaggero”.

Era all’ultimo anno del liceo classico, aveva iniziato a strizzare l’occhio alla carta stampata e il fatto che suo padre lavorasse proprio in quel giornale le aveva reso più facile l’accesso alla
redazione.
“Inizio a frequentare la cronaca di Roma. Per me poter andare a via del Tritone, sede del quotidiano nella grande sala dove c’era la redazione della cronaca di Roma era un privilegio. Giuseppe Rossi era all’epoca il caporedattore dell’area, quello al quale proponevo i miei pezzi» racconta.
“Fu quello che inviò me ed una collega a via dei Cerchi per una questione delle case del comune date in affitto. Da lì il mio pezzo-scoop che uscì nell’edizione nazionale. Si, se non fossi andata ad Amici per vedere di persona Malcom, probabilmente non sarei mai approdata in quello studio televisivo”.
Dopo la laurea in Lettere avrebbe sicuramente frequentato la scuola di giornalismo di Urbino. Aveva sostenuto la prima parte dei test di ammissione, poi a sconvolgere i piani è arrivata la proposta di Maria: lavorare per tre mesi nella redazione del suo nuovo prime time. Quei tre mesi iniziati nel novembre 1999 che si sono protratti fino al novembre 2020.
Ma la tv quel giorno era accesa, come ogni sabato pomeriggio, solito orario, solito programma, solito canale. Tra il pubblico parlante di “Amici”, condotto all’epoca da Lella Costa, c’è un viso che cattura la sua attenzione, o meglio, c’è un ragazzo che cattura la sua attenzione; con la grinta di una vent’enne decide di provare ad entrare in quel programma come pubblico, per conoscerlo e poi “chissà”…
Sono, gli atteggiamenti fantastici e spontanei che si hanno spesso a vent’anni. Provarci. Crederci. Buttarsi. Mi sono chiesta se oggi, con la sua maturità da donna lo avrebbe rifatto, se sarebbe stata capace ancora di buttarsi se le fosse passato accanto “per caso” qualcosa di sconosciuto.
La sua risposta è stata questa:
“Quando nel 2020 ho deciso di rassegnare le dimissioni l’ho fatto dopo una lunga e ponderata riflessione. Nel ’93 ho seguito quasi istintivamente il corso dei fatti senza farmi mille domande ma era comunque stimolante partecipare come pubblico parlante nella
trasmissione ed è stato comunque importante quello che in alternativa al giornalismo mi è stato proposto, il lavoro di redazione, autoriale.
Ma mi sono un po’ distratta dalla vita privata. La scelta di rallentare e dare spazio a me stessa non vuol dire che ho messo da parte tutto quello che ho costruito (continuo ad essere un autore televisivo) e quando ho scelto di cambiare non era per qualcosa che mi attraeva o che mi passava accanto per caso. Ho scelto, dopo aver incontrato Marco e dopo aver capito che le nostre intenzioni erano serie e profonde.
Quindi quando ho deciso di uscire, tutto è stato pesato al grammo. Mai avrei mollato se non se fosse valsa la pena e mai avrei mollato se avessi capito che creavo problemi, anzi abbiamo deciso insieme quando e come lasciare “uomini e donne magazine”.
Insomma quel ragazzo che l’aveva colpita alla fine resterà solo una conoscenza, ma il luogo in cui era andata per conoscerlo si era trasformato nel frattempo in quella che sarebbe stata la sua occasione. Conosce pian piano Maria De Filippi, interagisce con lei in trasmissione, poi gradualmente le cose cambiano.
“Dopo aver messo piede in studio per un motivo adolescenziale sono invece rimasta perché le cose che in quello studio ho trovato erano interessanti” Ci apre il suo cassetto di ricordi “Ho iniziato a partecipare al talk, a esprimere il mio pensiero, a difenderlo, perché spesso ero in minoranza anche tra i miei coetanei.
Questo mi avrà resa diversa dalle altre, ero “la bacchettona” dello studio, la “figlia ideale” per quei genitori che avevano in casa diciottenni ribelli. E cosi dal ’93 al ’99 sono sempre stata chiamata sia al daytime che al prime – time di “Amici” e “Amici di Sera”. Poi un giorno mi è arrivata la proposta di una collaborazione nella redazione per l’inizio di un
programma prime time nuovo. Maria, fu proprio lei a farmi la proposta.”
Comincia così la sua meravigliosa vita lavorativa. Una parentesi importante ricca di ricordi, aneddoti, insegnamenti tutti di estremo valore. Oggi parte di questi ricordi sono scritti nero su bianco in un libro che si legge tutto d’un fiato. Perché parla di vita vera. È il suo
libro: “Figli di Maria”, uscito da poco, racconta ciò che accade dietro le quinte. Ciò che non si vede in tv.
Racconta delle lunghe riunioni, accompagnate da coccole da bar e spuntini di tanto in tanto. Racconta delle corse nei corridoi degli studi prima di andare in onda. Delle emergenze, spesso anche notturne, in cui bisognava rasserenare gli animi dei ragazzi di Amici, anche comprensibili data la giovane età.
Racconta dei ritardi da gestire e dei capricci ingiustificati di chi “vip” si sente all’improvviso. Racconta tanto, e siamo certi che tanto altro ancora ci sarebbe da dire, ma ciò che emerge prepotentemente in ogni argomento trattato è l’estrema correttezza e umanità, sensibilità e
coerenza con cui i programmi vengono svolti.
Spesso la gente crede che sia tutto un copione scritto a tavolino, liti, confronti…tutto
studiato. Il suo libro smentisce questo pensiero e non solo: ci conferma che la De Filippi più che una squadra di lavoro ha formato una famiglia.
“Maria quando vuole riesce ad essere una persona, una donna, amica, molto premurosa, generosa, disponibile” ci confida “Crea con il suo modo di fare e di essere un contatto speciale dove il limite tra lavoro e privato diventa piacevolmente lo stesso. Io per tanti anni ho
conosciuto quella Maria. Non si può raccontare tutto in meno di 300 pagine e quando mi trovo di fronte ad interviste come questa dove le domande sono fatte con la finalità di un dialogo o di uno scambio, mi rendo conto che ho sempre cose da raccontare che non sono uscite nel
libro e che escono nelle varie interviste perché pescano nei miei tanti ricordi.
Anzi forse uno dei capitoli più importanti della mia vita nato e morto in Fascino non l’ho proprio affrontato e anche quello sarebbe divertente ma al contempo faticoso da raccontare, vedremo in futuro. Per quanto riguarda l’autenticità di quello che accade in studio, parlo
delle cose fatte sotto la mia gestione (sono sempre abituata a parlare per cose che conosco in prima persona) posso dire che se avessi scritto per tutti quelli che ho citato nel libro un copione da rispettare o anche solo di riferimento sicuramente avrei lavorato almeno la metà del tempo.
Ed invece nei programmi come quelli fatti in Fascino gli ospiti sono liberi in tutto e per tutto e quindi diventa tanto complicato stargli dietro. Di sicuro non è un lavoro che si esaurisce quando timbri il cartellino a fine giornata. Mettiamola così per molti anni timbravo il cartellino poi la serata proseguiva con la cena spesso con la stretta cerchia del lavoro e solitamente durante la cena o dopo arrivava un messaggio, una telefonata di un ospite x con una problematica y. E quindi si finiva a parlare della problematica e possibilmente a cercare di risolverla”.
Era lei che si occupata spesso dei casting, toccava a lei il compito di scorgere nei ragazzi qualcosa di particolare in pochi minuti di colloquio, era sempre un passo dietro le quinte, alla destra di Maria pronta ad intervenire. Teneva ben stretta la sua cartellina, la scaletta.
Era un lavoro che amava, ma le cose a volte cambiano.
È il 2019 e le viene proposto di seguire un nuovo progetto: il magazine. Improvvisamente un piacevole salto al suo primo amore, quello che, come si dice “non si scorda mai”. Maria non aveva dimenticato, a distanza di tanti anni, che lei amava scrivere. Una dimostrazione di
stima. Ancora una. Vanessa accetta subito: “una benedizione arrivata dal cielo” la definisce.
“Maria, non avendo dimenticato il mio primo amore ha pensato di affidarmi quell’incarico credo anche per darmi quello che mi avrebbe ridato stimolo in un periodo dove era scemato.
Sono arrivata a fare quello che sognavo da ventenne. Anche se inizialmente il ruolo proposto era di super visione subito già dal primo numero in edicola il mio ruolo è lievitato.
Era come mi era stato detto anche una poltrona delicata dove all’inizio c’era anche Mondadori in campo. Sono stata chiamata a ricoprire anche il ruolo di responsabile dei contenuti. Comunque era un settimanale che mi occupava a tempo pieno ma che mi piaceva e mi dava tante soddisfazioni.
E poi era fatto sempre con lo stesso mood: “fatto in casa” dove per le rubriche varie per ottimizzare il tutto bussavo nei giorni delle registrazioni nei camerini vari a chiedere ricette, consigli beauty, testi, oroscopi. Il magazine era una altra cosa che essendo sotto ai miei occhi ho sentito una parte mia, anche in questo frangente tralascio situazioni meno gioiose.
Con una squadra di tre giornaliste esterne alla Fascino con le quali facevamo tutto il lavoro di contenuto e un paio di altre figure, l’ultimo numero che mi ha visto in carica è stato per me emotivamente molto complicato. Nella chat di lavoro ho ricevuto dalle tre colleghe
uno dei messaggi lavorativi più belli della mia vita. Mio marito che in questi casi ha la lacrima facile leggendolo non ha potuto trattenerla. È stato bello salutare quel mondo con quel ruolo e quella esperienza con un attestato di stima tanto profondo”.
È il 2020, anno ricordato per eccellenza come quello legato al Covid, alla pandemia, quindi per tutti, o molti, all’incertezza, e lei, ancora una volta mostra a se stessa e a tutti di essere forte abbastanza per fare un salto che pochi avrebbero avuto il coraggio di fare. Lascia l’azienda.
Quella famiglia che l’aveva vista crescere e alla quale lei sarebbe stata sempre grata per tutto, aveva ritmi spesso troppo incalzanti per una donna che aveva deciso di dedicare del tempo anche e soprattutto alla sua, appena creata, famiglia. Maria non fa i salti di gioia, ma proprio come una buona madre, comprende e lascia che sia lei a scegliere, perché evidentemente accanto a sé essa desidera dei collaboratori che sì, amino il proprio lavoro, ma essenzialmente si sentano liberi.
Vanessa lavora con altre produzioni, con ritmi sicuramente diversi. Allora le chiedo, a distanza di qualche anno dalla scelta, se riavvolgendo il nastro cambierebbe qualcosa, con decisione afferma: “Da quando ho iniziato a lavorare in redazione, novembre ’99, mi
sono trovata mese dopo mese a crescere anche abbastanza velocemente.
Ad avere degli incarichi più importanti che mi hanno stimolata e dato tante soddisfazioni. I mesi sono diventati anni. Sia chiaro, con molti anni di alti ma anche con periodi di bassi, che in questo libro ho deciso di tralasciare. Ma tra un programma ed un altro, tra casting e redazione, messe in onda, studio, esterne, dirette e registrate, carta stampata, gli anni sono volati.
Quando mi chiedono perché non ho messo su famiglia, non ho avuto figli, rispondo che la vita mi è passata davanti senza che me ne accorgessi. Non saprei neanche io in realtà come e perché ma da ventenne ad un certo punto mi sono accorta che stavo per entrare nei 40, poi dei 45 ed ad un certo punto ho dovuto e voluto dire stop.
Quando si sono presentati fatti e occasioni che hanno meritato di essere valutate, l’ho fatto. Nel bilancio che la domanda mi porta a fare, a 51 anni compiuti posso dire che quello che apparentemente la vita nel contesto privato potrebbe avermi tolto poi invece con l’arrivo di Marco e delle figlie, grazie alla scelta che ho saputo fare al momento giusto, è come se la vita me lo avesse ridato sotto altra forma.
Mi sono trovata, e questo comporterebbe aprire un altro capitolo di vita, a crescere una
ragazzina di 10 anni che per quasi cinque anni ha vissuto esclusivamente in casa con me e Marco. Fermandomi dal lavoro in quel preciso momento ho assaporato anche quella parte di esperienze.
Ecco con questi elementi e dati direi che se tornassi in dietro una “Jasmine” nella mia vita l’avrei accolta o fatta prima. Che forse tutto il lavoro che ho fatto e quei periodi che non mi sono andati a genio mi hanno fatto perdere una occasione. Da questo punto di vista,
probabilmente dopo quattro anni dalle dimissioni, direi che mi muoverei diversamente”.
Sul piano strettamente lavorativo da gennaio collabora come autore per “Sorgente di vita” rubrica quindicinale di vita e cultura ebraica in onda su Raitre e Raiplay, un programma nato nel 1973, il suo anno di nascita. Ha avuto modo di fare dei servizi che le hanno dato molta
soddisfazione per esempio si è occupata del film “La zona di Interesse” vincitore dell’Oscar ed ancora “Non sono stati loro!” che l’ha portata ad intervistare un giornalista, autore di giochi e un progetto europeo contro il pregiudizio.
Insomma servizi di sostanza che la portano a studiare, crescere e approfondire. Su Raiplay c’è una docuserie di 9 puntate “Inside Gemelli” che ha scritto e che la vede come autore, girata nell’ospedale più importante del paese, tra i vari reparti. Racconta: “Ho raccontato storie di pazienti e ho intervistato i vari Professori dei reparti, “Toghert” una docu di 60 minuti girata nella casa circondariale di Pozzuoli anche questa firmata e scritta da me.
Sono entrata nel carcere a contatto con le detenute e tutto il personale dalla direttrice, alla psicologa fino all’educatrice. Grande soddisfazione, la presentazione stampa al ministero di Giustizia con il ministro Nordio.
Il mio intervento come autore nello spiegare come è stato portato avanti il progetto, come la conferenza stampa al “Policlinico Gemelli” dove in veste di autore ho spiegato la
docuserie, con in sala il Direttore Generale dell’Ospedale e il direttore Rai Cinema. Diciamo che negli ultimi due anni e mezzo ho ricevuto tanti attestati di stima ed ho raccolto tutta la semina che ho fatto per anni.
Però tutti i lavori che mi sono arrivati dal 2021 ad oggi sono non solo di qualità e continua crescita oltre che di stimolo intellettuale ma hanno anche ritmi che mi permettono di poter portare avanti anche la parte privata tra famiglia ed ebraismo”.
Ed è proprio con questa piccola curiosità legata alla sua conversione all’ebraismo che decido di chiudere la mia chiacchierata con lei: una conversione la sua “risultato di un avvicinamento lento ma continuo” mi spiega: “Ho iniziato a seguire le festività ebraiche, le regole dell’alimentazione kasher, a frequentare il Tempio il sabato mattina, shabbat. Senza una motivazione concreta ma per un qualcosa che mi faceva star bene. C’è stato il mio primo viaggio in Israele nel 2013 che ha cambiato tanto. Quello che dico ora, in questo momento difficilissimo sembra strano, ma Israele è un posto magico.
Gerusalemme, la città vecchia lascia veramente senza parole non solo per la sua bellezza, concreta, reale ma per tutto quello che rappresenta. Da lì nasce l’ebraismo, ma in quel perimetro, tra quelle mura, c’è storia e spazio per tutti. Passo dopo passo ho sentito
accendersi o riaccendersi dentro di me quella parte che mi ha portato nel 2016 al Ufficio Rabbinico per iniziare un iter di conversione.
Diversi esami, per la precisione otto e due incontri finali. Poi finalmente il via libera per l’ultimo passaggio, il bagno rituale, mikvè, che mi ha dato la conversione a tutti gli effetti. Credo sia stata la cosa più bella ma più naturale che abbia fatto nella mia vita. Mi sento di
far parte di una realtà, una religione, quella ebraica ricca di tanto, anche di regole da rispettare ma il tutto mi fa sentire bene”.
È lei Vanessa Collini Sermoneta, la ragazza discreta sempre presente dietro le quinte. La donna forte e determinata che racconta il suo lavoro e la sua vita.