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Moda e lusso non sempre seguono lo stesso sentiero

Moda e lusso non sempre seguono lo stesso sentiero

«Nei prossimi cinque anni la moda italiana crescerà del 20% circa: significa che abbiamo davanti cinque anni buoni. Probabilmente il 2024 non sarà il migliore, ma guardando al medio termine la moda continuerà a performare molto bene». Così, il presidente della Camera della ModaCarlo Capasa, presentando il calendario della fashion week in programma dal 20 al 26 febbraio e un fatturato globale che sale di oltre 102 miliardi di euro, di cui 90 di export. 

Si teme una stretta nel 2024 perché lo scenario internazionale non è dei migliori: tre guerre, elezioni europee e statunitensi, inflazione, mercato cinese in difficoltà. È ancora presto – ha sottolineato Capasa – per prevedere cosa succederà nel 2024. È un anno complesso, ci vorrà resilienza”. 

Previsioni rosee, ma crisi dei distretti: Scandicci nei guai

Rispetto al 2022 il turn over del settore è aumentato del 3%, mettendo a segno risultati migliori del periodo pre covid (65 miliardi rispetto ai 56 del pre Covid). Però, il Centro studi di Confindustria Moda, presentando i numeri di chiusura anno per   Smi Ati, parla chiaro: “la volatilità macroeconomica internazionale, ma anche l’inflazione crescente, i tassi di interesse elevati e l’incremento dei prezzi, che portano a un calo del potere d’acquisto dei consumatori, fanno ipotizzare anche per il tessile-abbigliamento un avvio 2024 all’insegna di un ulteriore rallentamento della domanda, sia interna che sui mercati esteri, che porterebbe verosimilmente – anche alla luce del raffronto con una prima parte del 2023 ancora in marcata crescita – ad un’inversione del trend positivo registrato degli ultimi anni”.

Questa inversione, il distretto di Scandicci la sta già vivendo: oltre 250 aziende che producono per il lusso accessibile sono ferme, circa 4.000 lavoratori sarebbero in cassa integrazione.

Contrazione dei consumi finali nella fascia del lusso accessibile?

La zona intorno a Firenze è sempre stata punto di riferimento produttivo dell’alto di gamma, il cosiddetto lusso accessibile. L’industrializzazione dell’ artigianalità ha portato vantaggi al distretto pellettiero intorno a Firenze: le firme hanno comprato una a una le aziende fornitrici  ma inflazione e crisi internazionali hanno creato la tempesta perfetta. 

I modelli aziendali sono stati improntati alla meccanizzazione per sfornare più pezzi in meno tempo, una sorta di artigianalità con tempi e metodi;  ma ora  siamo di fronte a una crisi del mercato finale.  

Circa un terzo è localizzato in Cina, un paese la cui ripartenza economica è in forte ritardo rispetto alle attese: doveva crescere a doppia cifra ma si attesta sotto il 5%. 
Alcune griffe hanno proposto il pagamento a rate: la partnership fra Scalapay e camera Nazionale della Moda la dice lunga. Nell’ultimo “singles day” a fine 2023, marchi come Gucci e Burberry hanno percorso anche la via del piano di pagamento rateale senza interessi in 24 mesi.

Il lusso siderale pare al riparo da scossoni, per ora

Nonostante i timori, il lusso inteso come interarcapedine di eccellenze riservate a chi gode di un altissimo potere di acquisto ha percorso il guado del 2023 senza imbarcare acqua: secondo le evidenze del “Luxury Goods Worldwide Market Study” di Bain & Company e Altagamma il lusso avrebbe messo a segno un risultato di 1500 miliardi di euro in valore lo scorso anno, in crescita dell’8-10% rispetto al 2022. In particolare, il consumatore tipo risulta attratto delle experience, essendo ritornato a viaggiare e a interagire socialmente. 

Anche il mercato dei beni di lusso personali cresce nel 2023, con un giro d’affari stimato di circa €362 miliardi entro la fine dell’anno (+4% sul 2022 a tassi di cambio correnti).
Tuttavia, le incertezze del 2024 fanno temere anche qui un rallentamento: si parla di incremento a cifra singola medio-basso, sulla base degli scenari attuali.

Il ritorno dei clienti americani: moda a turismo viaggiano insieme al made in Italy

Nonostante i venti di guerra, le incertezze, le difficoltà di approvvigionamento, l’aumento inflattivo e il reindirizzamento dei mercati export, il mondo ha sempre voglia di made in Italy. 
Con il ritorno del turismo americano in Europa nel 2022, la spesa degli americani è più che raddoppiata rispetto al periodo pre-Covid, favorendo il prodotto made in Italy e il relativo settore manifatturiero.

E infatti, memore del potere incrollabile del bello e fatto bene in Italia, seppur  la parola “permacrisis” sia entrata a far parte del dizionario Collins, Capasa chiede al governo “di pensare all’evoluzione della moda nei prossimi cinque anni, che le istituzioni facciano il loro dovere di accompagnare l’evoluzione di quest’industria nella maniera corretta». Fra i punti cruciali da affrontare: la digitalizzazione delle piccole imprese, il rafforzamento della formazione, l’ampliamento dei fondi per ricerca e sviluppo. Si sta anche pensando di impiegare i pensionati come insegnanti, per favorire la trasmissione dei saperi che è sempre stata il perno  delle professioni manifatturiere. 

Non dimentichiamo il made in Italy nella sua globalità!

Vanno al nocciolo del problema le parole di Matteo Lunelli, presidente di Altagamma, che pone l’accento sul made in Italy in generale, nonostante il dinamismo del lusso e dei consumi di fascia più alta: di fronte alle sfide che ci attendono – dalla volatilità dei mercati all’inflazione, dalla aumentata competizione internazionale alla diminuzione della consumer confidence – l’industria deve consolidare la propria heritage ma continuare ad investire in digitalizzazione, formazione e sostenibilità. Il dialogo aperto con il Governo è positivo ma ci aspettiamo che non siano dimenticate quelle imprese e quelle filiere che hanno creato il mito del Made in Italy nel mondo e che oggi vanno affiancate affinché possano vincere le sfide sempre più complesse che stanno affrontando”.

 

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Monica Camozzi

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