Pietrangeli, Mr Coppa Davis: lo charme di prima (che ora non c’è più)
Nicola Pietrangeli ha un forte senso dell’ironia, non è un finto modesto e dice le cose come stanno. Sornione, alla domanda inevitabile su come sia evoluto il mondo del tennis dai tempi in cui lui, in Cile, nel 1976, vinse la Coppa Davis con il magico quartetto Corrado Barazzutti, Adriano Panatta, Paolo Bertolucci e Tonino Zugarelli, risponde “è cambiato tutto, è come se mi chiedessi di correre a 200 allora o a 400 su un circuito di F1. Consentitemi una battutina: “prima dovevi saper giocare anche a tennis”…
Allora partiamo da questo “prima”! Com’era la coppa David di prima?
“Prima la coppa Davis esercitava un forte fascino, andavi a giocare a casa degli altri, oggi non è rimasto un minimo di suspance. Oggi si gioca in un posto solo con due set su tre, singoli e un doppio. Non voglio criticare, dico solo che sono cambiati i tempi, non c’è più lo charme di una volta. Su questo tema, la coppa Davis, posso parlare, salgo sul trespolo…”
Con 168 incontri direi che puoi parlare di coppa Davis!
“Ah si, su questo argomento mi do delle arie (ride), sono quello che ha giocato più di tutti Se poi si aspettano risposte diverse non vengano a fare domande a me…le facciano ai nuovi protagonisti del tennis. L’unica cosa rimasta intatta è lo spirito di squadra. Sinner batte Djokovic in singolo lascia una sensazione diversa rispetto a Sinner che batte Djokovic in Coppa Davis: nel secondo caso viene giù lo stadio”.
Cosa della coppa Davis cambia la percezione?
“L’atmosfera, il mangiare insieme, il senso di squadra che vivi. Sentire l’inno di Mameli o essere invitati dal Presidente della Repubblica avrà un impatto, o no? Anche in un momento storico dove spesso si gioca solo per soldi, lo spirito di squadra che un evento del genere fa riaffiorare è il vero valore aggiunto”.
Ai tempi della tua Davis convincere l’Italia ad andare nel Cile di Pinochet fu dura?
“Beh, ricevetti minacce di morte per ben due volte! Mi chiamarono dicendo brutto fascista ammazziamo te e la tua famiglia. Posso proprio dire che non condivido con nessuno il merito di aver portato i giocatori in Cile: è stata una doppia vittoria, sportiva e politica”.
Coppa Davis a parte, che differenze ci sono oggi con il tennis di prima? Alla tua epoca era netta la divisione fra attaccanti e “fondocampisti”, oggi e tutto veloce…
“Assolutamente si, l’assetto è cambiato in modo radicale e dal punto di vista dello spettacolo il gioco risulta molto più divertente. Un tempo si scendeva a rete per attaccare, ora non lo so fa anche perché dopo tre passi la palla è già tornata indietro. Sono velocità diverse”.
Tu eri appassionato al campo di terra…
“Si, ho giocato due finali su erba ma non mi favoriva. Oggi giocano su terra, la settimana dopo vanno su cemento e poi su sintetico. Una cosa su tutte va detta: prima nascevi come talento e cercavi di diventare atleta. Oggi se non sei un atleta è quasi inutile che tu abbia talento”.
E il rovescio a una mano? Quello di prima?
“Prima i maestri non ti insegnavano proprio a giocare con due mani sul rovescio. Addirittura in alcune federazioni era proibito oggi se insegni il rovescio a una mano ti prendono quasi per matto. Eppure faccio qualche nome che giocava a una mano: Musetti, Federer, Sampras… Io non ho mai giocato a due mani, credo si abbia la possibilità di far cambiare più facilmente direzione alla racchetta ma…non posso parlare per esperienza personale!”
Tu quando hai scoperto che il tennis era la tua vita?
“Quando ho iniziato a vincere. Prima giocavamo per divertimento, come dovrebbe essere nello sport. Poi, piano piano, sono diventato bravino…è stata la prima vittoria importante a farmi svoltare”.
Cosa rappresenta questa vittoria in Coppa Davis dal punto di vista della Federazione?
“Qualcosa di immenso adesso la nostra Federazione è la più importante al mondo. Ma va dato onore al merito anche a Angelo Binaghi il presidente, che da piccola e perdente la ha trasformata in grande e vincente. Non voglio fare sviolinate, ma Binaghi è un manager, gli altri si pavoneggiavano con viaggi e maglie lui ha portato la Federazione in alto. E ha aggregato anche il padel”.
A proposito di padel, che ne pensi, da tennista?
“Lo scorso anno lo avevo definito “il trionfo delle pippe” ma mi hanno equivocato subito, adesso spiego cosa intendevo. Cercavo di spiegare che 4 giocatori scarsi, a padel si divertono, contrariamente a quanto accade nel tennis dove 4 persone che non sanno giocare non si divertono affatto! Uno che gioca a padel dopo 5, 10 lezioni va in campo. A tennis no. Il padel è aggregante, mette insieme marito e moglie sul campo cosa che a tennis non accade. E poi fatemi aggiungere che a padel si rimorchia pure…”.