Carefin24

Biorisanamento, ergo, quando i batteri si “mangiano” l’inquinamento

La comune accezione di batterio è spesso negativa, ma dimentichiamo che da essi è nata la vita -e che i motori del nostro metabolismo, i mitocondri, probabilmente derivano da batteri ancestrali inglobati dalle cellule eucariote.  I batteri sono organismi potentissimi e la scienza li usa anche a fini benefici: ad esempio per bonificare acque e terreni contaminati un terreno contaminato di raffinerie, depositi petroliferi, stazioni di benzina e tanto altro.

Questo è il core di M3R, nata come spin off dell’Università degli Studi Milano Bicocca nel 2019, start up innovativa che opera nel settore delle biotecnologie dal 2020 ed entrata dal 2023 in Fondazione Unimi come PMI protesa verso il risanamento ambientale. Un contesto dove vige ancora la pratica dello smaltimento via scavo a cui segue la rimozione della terra contaminata –prassi che non risolve alla radice ma, appunto, sposta il problema.

I contaminanti sono organici e inorganici -ad esempio metalli- e la questione non è di poco conto: in Europa ci sono più di due milioni di siti potenzialmente inquinati, spesso per attività antropogeniche. I servizi di microbiologia ambientale sono nati per dare un’alternativa, dapprima con le analisi micro biologiche molecolari per appurare lo status quo e quindi bonificando grazie alle capacità metaboliche dei microrganismi.

Il mercato è molto vasto: compagnie petrolifere, aziende di consulenza e ingegneria ambientale, istituzioni pubbliche: fra i clienti e le collaborazioni di M3R figurano realtà come ENI, Hera, Edison Next.  Il comparto del biorisanamento è in fibrillazione, soprattutto dopo il decreto aree agricole del 2019 che esorta all’utilizzo di queste tecnologie di bio e fitostimolazione –che sfruttano  i microrganismi  e le piante in maniera mirata. Oltre a sfruttare i processi naturali questa via risulta anche meno costosa delle altre

Il team di M3R è composto: professori di microbiologia, dottori in ricerca in ingegneria ambientale e in chimica e biotecnologi, guidati da Tatiana Stella –una laurea in biocatalisi applicata e un dottorato di ricerca in Scienze ambientali. A lei che è Ceo di M3R (vincitrice nel 2022 del programma TheBreakFellowship per giovani donne imprenditrici) abbiamo chiesto di spiegarci come si sia  arrivati a questi meravigliosi traguardi.

biorisanamento

Da quanto tempo la scienza lavora su questa possibilità?

«Il biorisanamento, ovvero l’uso di microrganismi per degradare e trasformare i contaminanti presenti nell’ambiente, è un campo di studio attivo dagli anni ’70. Negli ultimi due decenni, grazie al trasferimento tecnologico, il biorisanamento  è sempre più applicata nel settore delle bonifiche ambientali, rappresentando un’alternativa alle soluzioni chimico-fisiche, spesso più impattanti sia dal punto di vista ambientale che economico».

Portare i batteri a ripulire un terreno cosa implica?

«Portare i batteri a ripulire un terreno implica diverse fasi.  Fortunatamente, nella maggior parte dei casi, la natura possiede già tutto ciò di cui ha bisogno e non occorre aggiungere batteri.  Tuttavia, è fondamentale saper identificare i microrganismi coinvolti nei processi di biorisanamento e verificare se le condizioni ambientali per la loro attività degradatrice siano ottimali. Inoltre, è importante intervenire correttamente per accelerare i processi naturali che possono essere stati alterati dalla presenza di contaminanti.

Tipicamente, le fasi di un progetto di bonifica includono una accurata caratterizzazione del sito, la valutazione dello stato di contaminazione e dell’ecosistema microbiologico presente. Sulla base di queste informazioni, si pianifica l’intervento di bioremediation, che può includere l’uso di ammendanti, donatori/accettori di elettroni e nutrienti specifici necessari a supportare la crescita e l’attività dei microrganismi.

Una fase altrettanto cruciale è il monitoraggio dell’intervento, che consente di verificare l’efficacia della strategia adottata e, se necessario, apportare correzioni qualora alcuni parametri indichino che il processo non sta procedendo come previsto».

Perché si parla pochissimo al pubblico di massa di queste meravigliose opportunità?

«Ci sono diverse ragioni. In primo luogo, la complessità scientifica poiché il biorisanamento coinvolge più discipline scientifiche rendendo l’argomento difficile da comprendere per un pubblico non specializzato. Inoltre, ad oggi, c’è ancora una certa diffidenza verso le tecnologie che impiegano microrganismi per trattare i contaminanti. 

Quando si parla di microrganismi, si tende spesso a pensare  a tecniche di manipolazione genetica percepite poco affidabili. Infine, vi è una mancanza di divulgazione oppure avviene in maniera inadeguata. Spesso la scienza non riesce a comunicare efficacemente i propri risultati, e i media si concentrano più sugli eventi che causano l’inquinamento, i cosiddetti disastri ambientali, piuttosto che sulle soluzioni disponibili».

Ho visto molte donne nel team e mi fa piacere: come nasce il gruppo di lavoro? Quali competenze lo costituiscono?

«Il nostro gruppo di lavoro si è formato nel tempo attraverso collaborazioni accademiche, progetti di ricerca e iniziative imprenditoriali, adattandosi man mano all’aumento e all’evoluzione delle esigenze aziendali. Le competenze principali riguardano certamente la microbiologia e le scienze ambientali, ma per noi sono imprescindibili la passione e la professionalità, unite a un’instancabile curiosità e alla costante voglia di migliorarsi».

Questa scienza sta per trasformarsi in business o lo è già? Cosa blocca e cosa favorisce la sua espansione? Noi italiani siamo in una buona posizione sullo scenario mondiale?

«Il settore del biorisanamento è in crescita da circa 20 anni, anche grazie alla maggiore attenzione verso la sostenibilità ambientale sia da parte delle istituzioni che dell’opinione pubblica. Le recenti iniziative di investimento e di supporto a progetti di sviluppo, sia in Italia che in Europa, hanno consentito una maggiore diffusione ed una maggiore accettazione, sebbene sia ancora tanto il lavoro necessario per promuovere l’innovazione e la crescita tecnologica.

L’Italia, nonostante una normativa complessa, è molto attiva seppur ancora lontana da alcuni scenari di eccellenza europei, ma stiamo lavorando per colmare nel più breve tempo possibile questo gap, forti anche di una tradizione scientifica ai massimi livelli e di competenze di prim’ ordine».

POTREBBE INTERESSARTI