Un tempo, la confezione delle camicie era delegata alle donne. E infatti, in quel di Ginosa, la nonna di Angelo Inglese era il fulcro della produzione sartoriale che oggi porta manager, esteti, uomini d’affari a prendere un volo privato e atterrare in quel paradiso dell’italianità, dove i valori del saper fare sono rimasti immutati. Dagli anni Cinquanta.
Qui il re della famosa cravatta dieci pieghe, riceve visite da Cina, Nord Europa, Usa, Emirati Arabi.
Perché a Ginosa Angelo Inglese, terza generazione di una famiglia che mangia pane e sartoria da sempre, voleva creare un borgo capace di perpetuare la tradizione, la gioia del tempo che scorre con i ritmi dell’uomo e delle forbici. Ma una frana, uno smottamento improvviso del terreno, interruppe il sogno.
«Ora stiamo ristrutturando un palazzo Liberty di metà Ottocento, in maniera da preservarne il respiro storico. Il nostro showroom sarà qui» rivela Angelo, artefice di giacche spettacolari, di camicie che parlano attraverso microtexture, alchimie di filati e fogge.

Le sette pieghe, il foulard, la storia (e l’economia) di un territorio
Tutto partì da un foulard. Da quell’archetipo, la famiglia Inglese ha tratto la sua mitica cravatta dieci pieghe, «quando la annodi ha uno stile completamente diverso».
Basta pensare che qui i tessuti nascono su telai con un basso numero di battute, per ottenere un risultato di lucentezza e morbidezza unici.
E oggi torna la giacca camicia, il capo che, come spiega Angelo, «si faceva in sartoria per mantenere i codici dell’eleganza anche su coloro che non potevano permettersi la confezione con dell’abito infustato crine e pelo di cammello. La giacca camicia era un fenomeno sociale. La abbiamo re-interpretatata con una modellistica dal sapore contemporaneo, però tagliata e cucita con metodi tradizionali».
Made in Puglia con apertura creativa al mondo
Lo studio degli archivi per Inglese è imperativo: «adesso stiamo lavorando su righe che attingo da archivi degli anni 50, con sovrapposizione di colori e tipologie di lavorazione che danno risultati eccezionali. Poi twill di lino e cotone che sui telai di un tempo producono effetti particolari».
Le vestibilità sono oggetto di rivisitazione grazie a un’apertura creativa ad altri mercati, anzi, per dirla con le parole di Angelo Inglese, «contaminazione. In particolare, sul mercato cinese sto instaurando collaborazioni con giovani designer in modo da esaltare materiali tipici della loro cultura come la seta e fogge della tradizione con un innesto di made in Puglia».

Al pari, l’incontro con rivenditori americani ha portato vestibilità più comode a latere del sartoriale, che conserva i suoi atout meravigliosi. Ci sono le camicie western in lino bianco e denim giapponese, le giacche pullover in maglia con bottoni in vero corno attaccati a punto giglio e la mollezza bespoke sul giro manica, i giubbottini in velluto liscio da portare con uno spruzzo di Acqua di Ginosa, eau della maison, la sahariana in cashmere.
Il turismo sartoriale del Metaverso Inglese (ma se lo portassimo nel mondo reale?)
La manualità è il codice di questo mondo, tanto da far concepire ad Angelo Inglese il progetto di un turismo sartoriale. «Vengono in tanti in visita a Ginosa, qui respirano un’atmosfera intrisa di gesti e tradizioni, potrebbe essere una bella idea sviluppare intorno a questo un turismo improntato al piacere delle cose belle».
In effetti è una delizia vedere abili mani che bordano all’uncinetto le pochette con piping sottilissimi e colorati, che creano gemelli da polso con filati policromi, o i fiorellini da giacca che sono un vezzo irresistibile. Ma per un visitatore sarebbe altrettanto entusiasmante assaggiare il panettone di Domenico Giove con aroma di cioccolato, fichi, mandorle e cannella, avvolto in una stola di cotone e cashmere.

Ora un giro si può fare nel Metaverso Inglese: un ambiente tridimensionale in cui è possibile sperimentare la sartorialità grazie a un “gemello digitale”. Ma la “Matera di Puglia” merita qualcosa di più realistico: nei video del sito si vedono già clienti giapponesi deliziati, per le vie del borgo. Potrebbe essere una consuetudine estesa al mondo.