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Made in Malo: la storia della maglieria scrive pagine nuove

Per significare l’assoluta meraviglia dei manufatti – soprattutto le finezze impalpabili come nuvole – la locuzione è sempre stata Made in Malo. Oltre il Made in Italy, nel perimetro che le maestranze di Campi Bisenzio (Firenze) e Borgo Val Tidone (Piacenza) hanno tracciato in oltre 50 anni di attività e conoscenza profonda dei telai e dell’incanto che il filato può dipanare se messo in mani capaci.

A dire il vero l’incipit, nel 1972, lo diedero i fratelli Giacomo e Alfredo Canessa in quel di Portofino, poi la produzione si spostò in provincia di Firenze. 

Dopo una serie di passaggi di proprietà, nel 2018, l’intervento di un nuovo assetto manageriale, completamente italiano, ha visto il salvataggio dell’azienda, permettendole di risorgere e consolidarsi nuovamente come marchio di prestigio nel mondo della maglieria di lusso. 

Grazie alla nuova gestione che ha portato un’iniezione di energia, passione e visione strategica, Malo ha potuto rinnovarsi mantenendo intatti i suoi valori fondamentali: la qualità artigianale, l’attenzione al dettaglio e la sostenibilità. In particolare, grazie alla nuova gestione, guidata dall’imprenditore Walter Maiocchi, le maestranze di Campi Bisenzio (Firenze) e Borgo Val Tidone (Piacenza), sedi produttive storiche del brand Malo, sono state salvate e con loro il prezioso know-how artigianale.

Walter Maiocchi, impegnato in diverse attività imprenditoriali, è, per usare le sue stesse parole, «sempre stato innamorato» di Malo.

Così, con un investimento di circa 10 milioni di euro, la meraviglia di Malo è passata nelle mani del suo antico estimatore. «La cosa che ci stava a cuore era salvare i due poli produttivi e soprattutto le maestranze, il nostro Made in Malo».

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Walter Maiocchi

La sostenibilità? È trasmettere un capo di generazione in generazione

«Una maglia di Malo si trasmette di padre in figlio. Anche per questo abbiamo posto in essere il servizio Malo Forever, che offre la possibilità di rigenerare chi vuole mettere a nuovo un capo Malo che ha lì da anni». Il vero pregio del brand sono sempre state le finezze: «fare un maglione da montagna a 2,3 o 4 fili è abbastanza facile, ma fare maglie di cashmere ultra sottili è un altro mondo. Lì si vede chi è capace e chi no».

Non a caso in fabbrica ci sono ancora telai inglesi, che potrebbero essere considerati patrimonio dell’umanità per la capacità di generare finezze impalpabili. Grazie a loro – e all’abilità delle maestranze – vengono realizzati gli spessori ultrafini che rappresentano un unicum. 

«Come archivio punti Malo ha un patrimonio impressionante. Stiamo recuperando dal passato e riaggiornando una serie di cose». Un maglione di Malo è per sempre, ma l’azienda si impegna costantemente nell’attenzione alla sostenibilità. Tra gli ultimi progetti di successo, ci sono i Monsai, i cappellini realizzati con filato di cashmere di fine cono – quello vicino al cuore della rocca che generalmente viene scartato ma che Malo ha deciso di valorizzare – e chiamati così in riferimento ai bonsai, i mini-alberi della cultura nipponica. 

‘Framing’ come esaltazione della bellezza

Ora, la missione del management è riaffermare la presenza di Malo nei mercati extra-europei, come gli Stati Uniti e l’Asia. Malo racconta storie con il lessico della maglieria: la nuova collezione autunno inverno 24-25 si chiama ‘Framing’ proprio per narrare piccoli spaccati culturali, dallo jacquard del Perù allo stile urbano di Manhattan.

La si può vedere nella nuova boutique di Via della Spiga 30: un’ondata di bellezza e di colore per vivere il mondo del prezioso cashmere e delle fibre naturali di alta gamma con gli occhi e con il tatto.

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Monica Camozzi

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