Ahpperò è onomatopeico: nel senso che di fronte ai cocktails con Vemouth, la Barbera chinata, i Moscati d’Asti ribattezzati da Carlin de Paolo in versione aperitivo, l’esclamazione è questa. Qui, fra le vigne di San Damiano D’Asti, sulla terra che fu del bisnonno, del nonno e poi dei genitori, i fratelli Ponti hanno dato vita a un fenomeno ludico-degustativo-sociale la cui eco è arrivata lontano.

«Un giorno mi sono detto ma perché per fare un aperitivo devi andare al Café del Mar o allo Skorpion a Mykonos? Perché non comunicare il territorio ai giovani e far loro vivere la notte…in cantina?».
Qui la storia è lunga, oseremmo dire atavica, a partire dal nome: Carlin era il nonno, detto de Paolo perché quello era il nome del padre, ovvero del bisnonno. Non si tratta di vendere semplicemente vino, ma la storia, come dice Davide che insieme ai suoi tre fratelli gestisce con passione questa avventura di vita e di lavoro.
Nostro padre ci ha insegnato alcune cose importanti, che sono rimaste radicate come valori. La prima è “fate bene e non temete”, la seconda è che “il vino parla tutte le lingue del mondo” e sulla panca accanto al nostro tavolo sono passate persone di ogni angolo del globo. Qui, nell’enclave enologica di Carlin de Paolo, il vino scorre nelle vene come il sangue. I quattro figli maschi hanno raccolto il testimone (la sorella lavora in campo medico, ndr) nel 2000, con i risparmi e la fiducia dei genitori, estendendo le vigne e creando una parte nuova di cantina.
«Fra i tavoli campeggiavano due moto Guzzi d’epoca, rigorosamente italiane, con cui il nonno andava in giro a promuovere il vino».
E se un tempo c’era il vino da pasto e si vendeva da solo, le nuove generazioni hanno seguito lo spirito del mondo. «Lo stesso, che in azienda mi occupo di marketing, sono andato in Cina un mese per comprendere i loro gusti, al pari sono stato in America. Vendiamo in 30 paesi diversi, in azienda ci sono 15 dipendenti».
Il vigneto di ricerca, la certificazione Qualitas, le etichette sostenibili, il vetro riciclato, la tracciabilità. L’impianto fotovoltaico sul tetto e l’acqua recuperata dalle grondaie per bagnare il terreno: tutto è orientato a far conoscere il territorio.
«In Cina ho dovuto litigare per convincerli che il cielo delle foto era davvero azzurro, ho dovuto spiegare dov’è il Monferrato, per renderlo chiaro dovevo dire che sono a tre ore di macchina da Montecarlo. C’è un grande bisogno di promuovere il territorio».
Ahpperò che eventi!
Ed è qui che nasce l’idea di eventi, al principio con un po’ di musica messa spontaneamente insieme a qualche amico cinque anni fa. Un successo, con il pubblico che si estendeva a macchia d’olio e qualche partner importante che offriva spontaneamente un contributo.
«Un giorno mi suona il campanello Red Ronnie, con cui poi siamo diventati amici – prosegue Davide – e mi dice che desiderava conoscerci, era incredulo sul perché tanta gente venisse qui, in questo posto disperso in mezzo alla natura».
Ora la cambusa del locale è la roulotte in cui Red Ronnie accoglieva e intervistava i cantanti durante il tour Fiat Music, un pezzo unico.
I fratelli Ponti sanno il fatto loro: Giancarlo è enologo, Davide si occupa dei vigneti e della produzione, Lorenzo è sommelier, ha fatto la scuola alberghiera e con il suo senso dell’ accoglienza ha dato impulso alla Merenderia Carlin de Paolo, appellativo singolare della cantina. Infine, c’è Paolo, che segue logistica e spedizioni con un occhio attento all’export.
Un’azienda moderna, protesa al futuro, che sa galvanizzare i giovani ma è riuscita a conservare il sapore delle cose di una volta. ha conservato. «I rappresentanti che vogliono venderci i loro prodotti arrivano all’ora di pranzo, qui c’è ancora la convivialità con i dipendenti, le riunioni si fanno a tavola insieme. La consuetudine è estesa anche ai clienti: abbiamo accolto un grosso importatore dalla Svizzera invitandolo a pranzo a casa di mia madre. Queste cose sono molto apprezzate».
Questo legame con le tradizioni, la terra, la famiglia non impedisce al nucleo Carlin de Paolo di animare le proprie feste ormai epiche chiamando dee jay di nomea, cantanti noti al pubblico giovanile.
«Non si tratta più di vendere vino, ma una storia vera, un territorio. La vera ricchezza di un lascito del genere non è la cantina con le bottiglie, ma la terra e la storia. Le vigne sono la parte agricola, che stiamo creando pezzo per pezzo. Ma l’azione di pubbliche relazioni, di promozione sul territorio è altrettanto importante. Se vogliamo far conoscere il territorio, dobbiamo portare gente nota. E coinvolgere i giovani».