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Inaugurata la mostra L’opera al nero

Inaugurata la mostra L’opera al nero

Si chiama L’opera al nero ed è la mostra collettiva che accoglie opere della Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT e della Fondazione CRC, curata da Marta Papini e Leonardo Pietropaolo, con l’artista Giulia Cenci. La mostra nasce nell’ambito di Radis, il nuovo progetto di arte nello spazio pubblico promosso e ideato dalla Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT che nella sua prima edizione è realizzato in collaborazione con la Fondazione CRC.

Il progetto espositivo prende il titolo dall’omonimo romanzo della scrittrice Marguerite Yourcenar. La storia è ambientata nel XVI secolo e racconta la vita dell’alchimista, medico e filosofo Zenone. Al centro della narrazione vi è il corpo del protagonista, luogo di trasformazioni e punto di osservazione per indagare il rapporto dell’essere umano con il mondo. Questa indagine, perseguita da Zenone con un’attitudine libera che fonde l’alchimia con i principi materialisti propri di un medico, lo costringerà a nascondersi, a cambiare identità per sfuggire alle persecuzioni religiose, e infine a essere imprigionato e processato per eresia.

Pubblicato nel 1968, il romanzo pone questioni sempre attuali: come cambia la nostra percezione del mondo influenzata dalla scienza e dalla tecnologia? In che relazione sono gli esseri umani con le altre specie viventi? Quali trasformazioni subisce il nostro corpo nel processo di invecchiamento? Che cosa succede al corpo dopo la morte? In che modo il nostro corpo può diventare luogo politico e sociale? Che parte hanno sogno, poesia e metamorfosi nella nostra vita? 

Tra questi interrogativi, il primo capitolo della mostra affronta quelli riguardanti i rapporti tra l’essere umano e le altre specie viventi, osservando il rapporto tra corpo e mondo esterno. A partire da riflessioni sulla mitologia e sull’ecologia, le opere di Lorenza Boisi, Lin May Saeed e Tabita Rezaire presentano immagini in cui la figura umana convive con temi provenienti dall’universo animale e vegetale. Il dialogo tra i lavori di Steffani Jemison e Letícia Parente attiva invece una riflessione sul corpo come spazio di riflessione politica, come luogo in cui i tentativi di normare i corpi si scontrano con forme di resistenza individuale e collettiva.

L’opera tessile Mother Earth di Tabita Rezaire celebra la maternità e la fertilità e fa parte del secondo ciclo di una trilogia di divinità ricamate, realizzate in collaborazione con le donne Saramaka (Guyana francese). Mother Earth onora lo spirito della Terra, la sua abbondanza e la sua saggezza, e ci richiama alla responsabilità di prenderci cura dell’ambiente in cui viviamo.

Tabita Rezare Mother Earth
Tabita Rezare Mother Earth

Nella seconda sala sono in dialogo le opere di due artiste che riflettono sul corpo come spazio politico e, quindi, come prodotto culturale soggetto a oppressioni. Nell’opera video di Letícia ParentePreparação I (1975), il gesto quotidiano di truccarsi davanti allo specchio diventa straniante quando la donna si incolla una striscia di nastro adesivo sulla bocca e sugli occhi, truccandoli.

Resa cieca e muta, la donna si trasforma in un ibrido, a metà tra essere umano e bambola. Steffani Jemison riflette sul corpo afrodiscendente come spazio di libertà, contro la violenza in cui è confinato da secoli. I suoi lavori raffigurano corpi afrodiscendenti in movimento, con influenze che provengono dalla danza, dal cinema muto e dalla musica.

Nell’ultima sala le opere di Lorenza Boisi dialogano con il grande bassorilievo di Lin May Saeed NUS (NOC / NUT) in una riflessione sulle relazioni tra umani e animali. I dipinti Winter Life e Orfeo incanta gli animali con la musica di Boisi si collocano all’interno di una ricerca dell’artista legata a tematiche tradizionali e mitologiche, in cui la figura umana e la presenza del mondo animale sono temi ricorrenti. Allo stesso modo, l’opera di Lin May Saeed racconta di un momento originario, quando esseri umani e mondo animale erano un tutt’uno. Interessata alla nostra relazione con gli animali, l’artista immagina il momento in cui tutte le specie erano alla pari, prima che l’essere umano iniziasse il proprio dominio di violenza e sfruttamento.

La scansione in due capitoli della mostra asseconda la parabola narrativa del romanzo di Yourcenar: dopo un inizio in cui il giovane Zenone, errando per l’Europa, entra in contatto con persone provenienti dalle diverse culture e classi sociali del XVI secolo, negli anni della maturità il protagonista si fa sempre più isolato e riflessivo, fino alla minuziosa descrizione delle sensazioni che accompagnano la sua morte. 

Allo stesso modo, se il primo capitolo della mostra si concentra sulle relazioni tra umani e altri viventi, tra corpo e mondo esterno, nel secondo sarà l’esperienza del corpo dell’individuo a essere protagonista, in relazione alla tecnologia e ai processi di cambiamento e trasformazione.

La mostra L’opera al nero, realizzata con la sponsorizzazione tecnica di Big Broker Insurance Group – Ciaccio Arte, sarà aperta fino al 10 novembre, tutti i sabati e le domeniche dalle ore 10 alle ore 18, ed è parte del palinsesto di incontri estivi del public program di Radis, che avvicineranno il pubblico alla pratica artistica di Giulia Cenci e allo svelamento della sua opera, previsto per il 6 ottobre 2024 alle ore 15 nel Chiot Rosa (Rittana), e che la Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT darà in comodato permanente al Comune di Rittana. 

Il progetto Radis nasce con l’obiettivo di arricchire il territorio piemontese con un patrimonio di opere di arte pubblica per la comunità, con programmi educativi, incontri pubblici e progetti espositivi che restituiscano alla collettività parte della collezione della Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT. Un format che nella sua prima edizione è realizzato in collaborazione con la Fondazione CRC e che parte dalla Valle Stura, tra il Comune di Rittana e la Borgata Paraloup, e precisamente al Chiot Rosa, una radura costellata da alberi di betulla a 1.200 metri sul livello del mare.

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Michela Trada

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