Navi alimentate integralmente a biometano? Un’eventualità possibile
Il nostro parco navi potrebbe essere alimentato a biometano? I ricercatori del Politecnico di Torino, nella fattispecie David Chiaramonti e Lorenzo Testa, rispondono a dovere su Applied Energy: entro il 2050 questa risorsa potrebbe sopperire a due volte il fabbisogno. https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0306261924006895
Con una struttura idonea a iniettare biometano dai punti di produzione alla rete del gas e da lì a un centro raffinazione che lo trasformi in carburante, dal 2030 già dal 25 al 56% della domanda per carburante marittimo potrebbe essere soddisfatto. Al pari, anche dal 4 all’11% della domanda di carburante per jet. Nel 2050, queste riserve potrebbero coprire dal 9 al 25% del fabbisogno di carburante per jet e dal 48 al 105% di quello marittimo.
Le emissioni dell’aviazione civile preoccupano: secondo un’analisi T&A infatti, esse sono raddoppiate negli ultimi 30 anni.
«Abbiamo condotto lo studio sul trasporto marittimo e aereo – spiega Chiaramonti – perché, specie per il settore marittimo, le tecnologie per la trasformazione del biometano a combustibile sono mature. Per le navi pensiamo soprattutto alla trasformazione del biometano in metanolo, perché questo particolare carburante non ha bisogno di interventi particolarmente significativi sull’apparato motore della nave».
Secondo il Piano Nazionale Energia e Clima (PNIEC), l’Italia dovrà produrre 5 miliardi di metri cubi di biometano all’anno entro il 2030, sufficienti a coprire circa l’8% degli attuali consumi di gas naturale.
Il decreto FER2, nato per sostenere le rinnovabili più innovative e quelle con costi di generazione vicini alla competitività di mercato (come eolico galleggiante, energia marina, geotermica più avanzata e centrali elettriche a biogas e a biomasse), finalmente –dopo sei anni di lungaggini- è entrato in vigore (agosto 2024).
Ma qui in Italia c’è chi si è mosso in maniera veloce, organizzandosi per produrre milioni di metri cubi di metano: si tratta del gruppo RE2sources, guidato dal presidente Alessandro Massone e dall’ad Carlo Gonnella.
In soli due anni, come ha dichiarato il presidente a Ecomondo, “abbiamo raggiunto una capacità produttiva di 25 milioni di metri cubi di biometano all’anno, trasformando circa 250.000 tonnellate di rifiuti organici e sottoprodotti animali. Questo è solo l’inizio”.
RE2sources in pole position, insieme al fondo Arjun Infrastructure Partners
I duecento milioni messi a disposizione dal fondo Ajun Infrastructure Partners hanno consentito la creazione di un complesso capace di gestire e massimizzare la produzione di biometano.
Per specificare, mentre il biogas è una miscela di metano (variabile dal 45% al 75%) e CO2, il biometano è una fonte quasi pura di metano.
Attualmente, sono sei gli impianti all’avanguardia, in grado di operare su più fronti: A Pontinia si utilizza la frazione organica dei rifiuti solidi urbani (FORSU) per biometano e fertilizzanti, a Latina allo stesso scopo vengono trasformate 35.000 tonnellate di scarti; Calimera, Puglia, si focalizza su biometano per l’autotrasporto, sfruttando un sistema anaerobico per triplicare l’efficienza energetica rispetto al consumo. In Sardegna, a S Nicolò Arcidano, c’è l’unico impianto regionale per il trattamento di sottoprodotti animali, mentre a Broni, in Lombardia, è attivo l’impianto multifunzionale per il trattamento della FORSU e il biorisanamento di terreni contaminati.
Ottimizzare gli impianti esistenti e ampliare la rete con altre 6-10 acquisizioni nei prossimi cinque anni è l’obiettivo di RE2sources, che punta a diventare il terzo operatore nel settore del biometano in Italia.
E considerato quanto emerge dalle ricerche del Politecnico di Torino, la scelta appare lungimirante.

L’eccellenza Calimera Bio
L’impianto Calimera Bio, fra i sei di RE2sources, è una vera eccellenza.
A differenza degli altri impianti di compostaggio presenti sul territorio italiano, Calimera possiede infatti un sistema di digestione anaerobica, che permette di produrre molta più energia rispetto a quella utilizzata. In particolare, questa tecnologia permette di produrre energia 10 volte superiore rispetto a quella utilizzata. In questo modo, Calimera è in grado di ridurre notevolmente le emissioni di C02 e polveri sottili e l’utilizzo di carburanti fossili climalteranti e di fertilizzanti chimici provenienti da miniere.
A Calimera, l’obiettivo è proprio quello di trasformare la FORSU, frazione solida del rifiuto solido urbano, in ammendante e biometano per l’autotrasporto. L’impianto è progettato per trattare fino a 22.000 ton/anno di FORSU, ed è dotato del sistema di pretrattamento e di digestione anaerobica Plug Flow, attraverso cui viene creato il biogas, che viene poi inviato a un sistema di upgrading a membrane. Il biometano prodotto è a questo punto pronto per essere immesso nella rete di distribuzione locale.
Intanto Snam chiede flessibilità sui prezzi
Stefano Venier, amministratore delegato di SNAM, intervenendo a Focus economia su Radio 24, si è detto a favore di una modifica del meccanismo che fissa il prezzo unico nazionale dell’energia sull’offerta più costosa che, nella maggior parte dei casi, proviene da una centrale termoelettrica a gas. “Così come sta cambiando in maniera molto profonda il mix delle fonti di energia, abbiamo la necessità di riconsiderare i meccanismi di formazione del prezzo” ha spiegando Venier, facendo riferimento all’apporto delle rinnovabili che spesso riescono a produrre energia elettrica a prezzi più bassi.
Il mix delle fonti infatti, presuppone costi di produzione dell’energia molto diversi: “si passa da energie rinnovabili che richiedono forti investimenti ma poi non hanno un costo operativo per la produzione, alle fonti tradizionali del passato in cui il costo di investimento era molto più limitato ma avevano un costo operativo di produzione legato alla materia prima molto più alto”.