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Aspettando Sanremo, il racconto di Massimo Bonelli: «Quando all’Ariston portai i Duran Duran e Bruce Springsteen»

Aspettando Sanremo, il racconto di Massimo Bonelli: «Quando all’Ariston portai i Duran Duran e Bruce Springsteen»

Una vita in musica, inseguendo e dando forma ai propri sogni facendo realizzare altresì quelli dei tanti, tantissimi artisti che, con lui e grazie a lui, sono oggi nell’Olimpo del panorama musicale mondiale.

Le sue note Massimo Bonelli ha iniziato a suonarle agli albori del bum economico, quando «tutto era ancora possibile e si poteva scegliere chi e cosa diventare da grandi».

massimo bonelli

Una passione quella di Massimo per melodie, assoli e composizioni che rimane tutt’oggi quando ci confessa segretamente di non vedere l’ora di tornare ad indossare le cuffie e a parlare del suo mondo ai microfoni di Radio Popolare. Bonelli di questo mondo ha conosciuto e visto ogni cosa: dal talento di Michael Jackson al carisma di Freddie Mercury; dall’iconografia dei Duran Duran alle poesie in musica di Guccini e De Gregori passando da Tina Turner a Mina.

Bonelli, infatti, è stato Direttore Generale della Sony Music, trascorrendo 35 anni nel mondo del marketing e della promozione discografica, sempre accompagnato da una grande passione per la musica. 

Ha lavorato alla EMI quando, in un periodo di grande creatività musicale, John Lennon, Paul McCartney e George Harrison hanno iniziato produzioni proprie di alto livello e i Pink Floyd hanno fatto i loro album più importanti; in CBS (più tardi Sony Music), ha collaborato con artisti storici come Bob Dylan, Bruce Springsteen, Rolling Stones, Ivano Fossati, Cyndi Lauper, Franco Battiato, George Michael, Claudio Baglioni, Ivano Fossati, Pearl Jam e, appunto, Michael Jackson a cui era profondamente legato. 

Dalle note alle mostre

Oggi la “produzione discografica” non c’è più, ma l’amore per la musica rimane; nell’ultimo decennio, infatti, Bonelli ha realizzato tre mostre: “Una Vita tra Pop & Rock” (2014), oggetti e merchandising, i ricordi di una carriera in mezzo alle stelle e “I Colori del Rock” (2016) con opere di pittori, scultori e grafici che hanno fatto della musica uno dei temi della loro arte. Nel 2017 ha creato “Obiettivo Rock”, la più grande rassegna di immagini dei principali fotografi del rock.
«Ho avuto la fortuna di realizzare i miei sogni nel momento di maggior fermento musicale della Storia ovvero quello degli anni Sessanta e Settanta – spiega – Io che da ragazzo mangiavo pane e vinili mi sono ritrovato a poter “raccontare” questo mondo con la mia voce. Il mio segreto? Aver sempre amato alla follia la musica».

La musica tra talent e Sanremo

Musica che, negli anni Duemila, significa anche talent…
«Oggi l’apparenza ha spesso la meglio sul talento a discapito del naming di questi programmi – rivela ancora Bonelli – I mass media impongono una determinata spettacolarizzazione della “rockstar”, la persona deve essere e diventare personaggio. Anche in passato si faceva leva sui tratti della personalità del cantante da esaltare, ma si dava precedenza alla musica; oggi è la presenza scenica che detta il mercato più della voce, del messaggio e della sonorità».

Quando si parla del connubio musica e tv, in Italia, non si può non menzionare Sanremo: 

«Il Festival è stato casa mia per tanti anni – dice il producer – Ho vinto Sanremo con Alice, Anna Oxa, Leali, Barbarossa per citare qualche trionfo; ho portato sul palco dell’Ariston Bruce Springsteen e i Duran Duran. Ricordo ancora quando arrivammo davanti all’Ariston facendo lo slalom tra il pubblico in delirio, i Duran Duran all’epoca ebbero un successo fuori controllo: finii addirittura sotto le transenne trascinato dai fans». Cosa è cambiato negli anni? In passato Sanremo era un “prodotto” non al passo con i tempi, dove si faceva una musica diversa rispetto a quella che proponeva la radio; oggi il Festival segue l’onda, ricorda un po’ il Festivalbar degli anni Novanta. La bravura di Amadeus è stata quella di far avvicinare i giovani a questa kermesse da sempre rivolta ad un pubblico “adulto”». 

Chi dice Sanremo, però, dice anche Pippo Baudo: «Baudo ha fatto la storia del Festival, una persona con una enorme cultura musicale che sapeva prevedere quello che sarebbe accaduto nel mondo dello spettacolo – ricorda Bonelli – Baudo ha sempre ritenuto quest’ultimo al servizio della musica e non il contrario; un uomo letteralmente d’altri tempi».

Impossibile per Bonelli fare un pronostico sul vincitore 2024 della kermesse sebbene, a suo dire, «sia un controsenso portare ancora sul palco i Ricchi e Poveri facendoli gareggiare con la new generation radiofonica: è il classico contentino che rischia, però, di scontentare tutti».
A proposito di “new generation”, l’ex manager della Sony sottolinea come i grandi parolieri del passato oggi non ci siano più: «Le star di oggi sono tutte simili tra di loro, si riproduce un “prodotto” che funziona e non ci si focalizza sul messaggio – spiega – Negli Settanta i rocker avevano davvero “qualcosa da dire” e influenzavano con le loro parole chi li ascoltava. Ai giorni nostri la banalità la fa da padrone talvolta sfociando nel volgare. Auspico un ritorno alle origini in tal senso».

Un giovane che vale la pena ascoltare? «Daniele Silvestri – chiosa Bonelli – I suoi testi hanno un significato importante e lo annovero nella categoria dei cantautori come i grandi del passato».
Le vicissitudini musicali di Bonelli si possono trovare anche nei suoi due libri scritti nel 2017 e nel 2021: “La vera fiaba di Emjay” edito da Lupetti editore e “Rockonti, storie ai confini tra fantasia e realtà” di Caissa Italia Editore.

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