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Università Telematiche: numeri (e pregiudizi) da record

Università Telematiche: numeri (e pregiudizi) da record

Il gruppo Multiversity –società controllata dal fondo britannico CVC Capital, che comprende le università telematiche Pegaso, Mercatorum e San Raffaele di Roma, nell’anno accademico 2023-2024 ha superato La Sapienza, con oltre 169.000 iscritti. Di primo acchito, viene da pensare all’articolo 33 della Costituzione e al fatto che una società privata, che persegue il profitto, abbia scalzato un ateneo pubblico. Ma dietro il fenomeno crescente delle Università Telematiche vi sono vari profili di riflessione, in una società digitalizzata nella quale la pandemia ha portato  parecchi cambiamenti antropologici. 

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Le Università telematiche riconosciute dal Miur

La tendenza allo studio online sta incrementando in modo strisciante da una decina d’anni a dire il vero: secondo il rapporto Anvur, il numero degli studenti iscritti agli atenei digitali è più che quadruplicato, passando a circa 26.000 iscritti per anno accademico. Gli iscritti totali ormai coprono il 14% del totale degli universitari italiani e le ragioni sono molteplici: numerosi, gli studenti lavoratori e coloro che non avrebbero possibilità di frequentare per ragioni geografiche o esistenziali. Ma UniversitàOnline registra un abbassamento dell’età media, con una buona metà di under 30 –cosa che testimonia una scelta non sempre legata a limiti contingenti.

Nonostante numeri da record, pregiudizi e perplessità restano forti. Gran parte di essi sono proprio prerogativa degli addetti alle risorse umane, che –soprattutto in Italia- tendono a guardare questi percorsi con una retina appannata dal timore, soprattutto per il rapporto docenti studenti: 384 studenti per docente, nelle telematiche, contro i 28 delle università tradizionali, con percorsi standardizzati e minore contatto umano. 

Una testimonianza positiva

Un imprenditore storico nel settore della moda, Francesco Casile, insignito di Ambrogino d’Oro e nominato Cavaliere del Lavoro proprio lo scorso anno, spezza una lancia a favore degli atenei telematici: Casile insegna, ha docenze plurime, partecipa attivamente ai corsi dell’Università del Sole 24 Ore, è amatissimo dai giovani cui dona ogni giorno esperienza e condivisione attiva. Ed è appassionatamente convinto –prove alla mano- del valore di questi Atenei.

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Francesco Casile

Da imprenditore, ho inserito nella mia azienda due figure laureate, provenienti da Pegaso e San Raffaele ed ho potuto constatare la loro facilità nell’inserirsi nel mondo del lavoro senza doverli affiancare per almeno sei mesi ad un persona dell’azienda.

Questo significa un notevole risparmio di costi e una tranquillità nell’avere già collaboratori pronti a operare all’interno dell’azienda. Non sono piccoli dettagli, ma opportunità che le istituzioni dovrebbero tenere in considerazione in quanto non gravano sui bilanci dello Stato e soddisfano le esigenze di centinaia di migliaia di famiglie e studenti impossibilitati a pagare gli affitti di una grande città o ubicati in aree dove non esiste la possibilità di frequentare un Ateneo fisicamente”.

Sul fatto che gli atenei digitali offrano un insegnamento standardizzato e video lezioni in gran parte asincrone, a discapito del rapporto docente-discente, Casile rimarca che “queste università sono molto all’avanguardia dal punto di vista digitale e vantano progetti innovativi, che le università statali non hanno.
Ai legislatori chiedo di fare le giuste valutazioni nel creare e applicare norme, come ad esempio gli esami in presenza, che possano penalizzare una larghissima fascia di studenti”.

2025, l’anno del “dunque”

Da quando sono state istituite, con il secondo governo Berlusconi, questi Atenei hanno operato in regime speciale, soprattutto per il numero di docenti di ruolo necessario ad attivare un corso di laurea (3 al posto di 6 per le triennali e 2 al posto di 4 per le magistrali). Il decreto istitutivo definiva altresì i fattori per raggiungere i requisiti minimi di docenza, ma nel corso degli anni, dopo la legge Moratti Stanca e il decreto Mussi, a colpi di normative triennali, il vantaggio competitivo delle Università telematiche rispetto a quelle tradizionali è risultato schiacciante, tanto che circa 270.000 studenti girano nel circuito di questi istituti, contestati spesso per essere società a capitale privato che seguono comunque anche una logica di profitto. 

Nel 2021, venne emanato il Decreto Ministeriale 1154, che allineava i requisiti minimi di docenza degli atenei digitali a quelli pubblici e cercava di porre rimedio al proliferare dei corsi telematici. Poi, il Decreto Bernini del 2024, ha previsto l’obbligo per gli atenei digitali di realizzare almeno il 20% delle lezioni on line in forma sincrona, prevedendo la necessità di svolgere in presenza gli esami di profitto. Ma alla fine, il termine per il raggiungimento dei requisiti minimi previsto nel 2021 è slittato: il decreto Bernini ha allungato di molto i tempi per la riforma delle telematiche. 

Ma, dalle circa tremila testimonianze di studenti in possesso di Francesco Casile e dalla stessa esperienza dell’imprenditore, in qualità di fruitore e di docente, il bilancio sembra essere molto più positivo rispetto allo scenario tracciato dal rapporto ANVUR. 

Dell’opinione di Francesco Casile è anche Matteo Monari, fondatore di AteneiOnline, quando spiega che “Le università telematiche sono sempre più inclusive e offrono corsi di alto livello grazie alla capacità di adattarsi rapidamente a un  mondo del lavoro in continua evoluzione”. In effetti, a parte la predilezione per psicologia ed economia registrata da AteneiOnline, è vero boom per AI, Data Science, Cybersecuruty e Droni, temi che le università telematiche hanno trasformato velocemente in corsi di laurea. 

Penso sia sbagliato fare generalizzazioni o asserire che la scelta cada sulle telematiche per una maggiore facilità a ottenere il diploma, la mia personale esperienza registra ogni giorno ragazzi di valore guidati a questa scelta dalle motivazioni più disparate. Inoltre viene criticata l’assenza di biblioteche, laboratori, contatto umano: penso che un insegnante esperto trasmetta agli studenti le proprie esperienze pratiche, spesso un docente statale trasferisce pura teoria. Di fronte a dati numerici come quelli emergenti sarebbe corretto fare una disamina più approfondita e meno inquinata dai pregiudizi”. 

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