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E se milioni di tonnellate di rifiuti potessero produrre combustibile? 

E se milioni di tonnellate di rifiuti potessero produrre combustibile?

Due milioni di tonnellate sono la quantità di rifiuti tessili che l’Italia produce in un anno. E, in totale, il tessile cuba 150 miliardi per quanto concerne la produzione di nuovo materiale. 

Eva Lucia Leonessi, direttore generale di Confindustria Cisambiente, snocciola questi dati pronunciando la parola magica:  CSS-C, ovvero Il combustibile solido secondario prodotto dalla componente secca dei rifiuti non pericolosi. E rivela un aspetto che sembra l’uovo di Colombo, ma affonda nelle doglianze istituzionali sul problema energetico. 

“Il CSS-C, in particolare, insieme al biometano prodotto dall’umido, potrebbero garantire al paese una certa autonomia energetica. Pensiamo ai soli numeri del tessile! 

Roma con il biometano si renderebbe autonoma nei trasporti pubblici. E per le centrali elettriche, ad esempio quella di Civitavecchia i CSS renderebbero autonomo mezzo Lazio. Negli Emirati li usano da qualche anno con successo”. 

“Occorre anche sottolineare una differenze tra CSS e CSS-C” spiega Stefano Sassone, Direttore  Area Tecnica Confindustria Cisambiente “Se il primo consiste in un rifiuto e la sua lavorazione, gestione e utilizzo può avvenire solo in impianti autorizzati alla gestione dei rifiuti, il secondo rappresenta un vettore energetico, originato dal recupero ovvero dalla lavorazione dei rifiuti urbani non pericolosi e speciali non pericolosi.”

Gli scarti del tessile (ma non solo) per produrre combustibile

La manager sottolinea l’importanza strategica di aree  come il tessile, che produce due milioni di tonnellate in un anno e che può essere un bacino immenso di CSS, ovvero i combustibili solidi secondari ottenuti da rifiuti non pericolosi. 

Inquinano 5 volte meno del gasolio o del carbone, in compenso  costano 16 volte meno di quest’ultimo. La valorizzazione del rifiuto potrebbe essere un serbatoio di autonomia energetica, ma è una battaglia che si consuma su territori di burocrazia complessi”. 

Inoltre secondo alcune fonti il tessile cuba 150 miliardi per la produzione nuova, sono tre manovre finanziarie. Pensiamo a cosa porterebbe se utilizzato in questo senso!

Italia leader nel ciclo integrato del rifiuto (ma indietro nel settore bonifiche)

Il decreto che disciplina l’utilizzo di combustibili alternativi (18-11-22 n 176)  scade a marzo 2024, dovrebbe essere permesso sempre -prosegue il Direttore Generale- Questo determinerebbe una autonomia del paese senza comprare gas o fare piagnistei; invece, fatichiamo anche sugli impianti a biometano. In Campania sono già attive 21 cooperative in rete, al fine di creare un grosso impianto di produzione di CSS con recupero di materiale tessile, ma anche in Veneto, Toscana, Lombardia, si sta lavorando. L’azienda leader nel mondo per il recupero dei filati è di Prato. 

Sarebbe molto importante, anziché creare nuove discariche, fare bonifiche, recuperare materie prime, ripulire le vecchie discariche e tirare fuori metalli come rame, alluminio, ma altresì oro e argento”. 

Primi in Europa per la differenziata.

I CSS-C quali combustibili con elevato potere calorifico, e complemento ad uno di questa importante attività per l’igiene ambientale, potrebbero  essere un’ottima opportunità da sfruttare.

Non stupisce che Lucia Leonessi, tracciando il quadro di insieme, auspichi una politica industriale mirata al recupero e alla valorizzazione della materia.

Il nostro paese ha una tradizione forte nella chimica, l’area fra Novara e Pavia è molto attiva nel comparto delle bioplastiche. In Confindustria abbiamo Assobioplastiche, presieduta da Luca Bianconi, che include circa 70 aziende. L’Italia è leader nello smaltimento e nel riciclo, ma ora le proposte di revisione dell’attuale normativa sugli imballaggi, che risalgono ai primi anni ’90 del secolo scorso, mirano ad incentivare il riuso, cosa che annullerebbe 30 anni di lavoro per il recupero e il riciclo e a mio parere, se non accompagnato da un adeguato sistema che consente il tracciamento del ciclo di vita dei rifiuti prodotti; questo creerebbe un potenziale inquinamento, legato a infiltrazioni e danni per le falde. 

La stessa sorte delle bottiglie di plastica, che l’Europa vorrebbe riutilizzate anziché smaltite e riciclate, la subirebbe il vetro. 

Noi ne recuperiamo poco perché olio e vino prendono spesso la strada estera, se dovessimo lavorare sui riuso dovremmo dotarci di impianti appositi”-conclude il Direttore Generale. 

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