Solo in Lombardia, sono oltre 3milioni e 600 mila i pazienti cronici – affetti cioè da patologie costanti come diabete, ipertensione, scompensi cardiaci e tante altre – e coprono il 75% della spesa sanitaria.
Un recente studio di Ats Milano focalizza questo mare inarrestabile: a fronte di 150.000 prestazioni in più, sono state emesse 1.250.000 prescrizioni in più.
Inquinamento, stress, cibo spazzatura, pesticidi, metalli pesanti, sono solo alcuni dei fattori che contribuiscono a creare quella infiammazione cronica silente che è alla base della degenerazione patologica.
Come intervenire? Il grido che si alza dalle cooperative dei medici di medicina generale è forte: prevenzione primaria. Perché se la patologia acuta trova nell’ospedale il suo riferimento, quella cronica fino a oggi non ha avuto riferimenti chiari. «Il singolo medico non riesce, da solo, a intercettare le fragilità» spiega Davide Lauri, Medico di Medicina Generale dal 1988, presidente di una cooperativa che aggrega 120 medici che operano all’interno di 20 Centri Sanitari Polifunzionali.

«La medicina di attesa non è più un modello idoneo». A mettere legna sul fuoco già divampato è stata la sentenza del 28/7/2024 che, riferendosi alla legge 1/83/2017 art 24 in materia di sicurezza della cura in sanità, ha posto la responsabilità per la inidonea assistenza in capo al Servizio Sanitario Nazionale, impostandola più o meno come la responsabilità nei confronti del consumatore.
Perciò, Regione Lombardia è passata all’azione – nonostante i molteplici elementi procedurali, organizzativi, burocratici ancora da chiarire, soprattutto nel rapporto con le cooperative di medici: dal luglio 2014 è scattata la presa in carico dei cittadini affetti da patologie croniche, singole o multiple, al fine di gestire e monitorare la situazione, seguendoli in un percorso di risanamento.
Dal PIC (Presa in Carico) al PAI (Piano Assistito Personalizzato)
Un concetto è finalmente stato chiarito: per prevenire, la medicina dev’essere personalizzata. Non siamo statistiche, ma costituzioni psico-bio-fisiche diverse e la malattia è multifattoriale. Basti un dato, su tutti: nel 2021 uno studio ha rilevato che circa 238.000 persone sono morte prematuramente a causa del particolato.
«Con un monitoraggio adeguato avremmo potuto evitare tanti di questi decessi?» si interroga Antonio di Malta, Medico di medicina generale, specialista in medicina interna, presidente dal 1995 di Co.S, Consorzio Sanità, che aggrega circa 4.000 medici per un totale di 134 strutture operative.
Ebbene, la risposta che arriva da Regione Lombardia è avanzatissima e ricorda il Mc Call Institute canadese, con il suo Chronic Care Model.
Da luglio 2024 i cittadini con patologie croniche assistiti il Lombardia potranno rivolgersi al proprio medico di medicina generale (attualmente aderiscono i medici attivi in cooperative), il quale a sua volta redigerà un Piano Assistito personalizzato che contiene tutte le attività e prescrizioni necessarie. Da quel momento, la combinazione fra MMG e Centro Servizi (della ASL o della Cooperativa di cui è socio) accompagnerà il paziente, programmando visite, esami e tutto ciò che serve per l’attuazione del piano terapeutico.
«Ci sono ancora molte cose da chiarire in merito a tempistiche, sovrapposizioni di competenze e risorse da mettere in campo per seguire i pazienti, banalmente anche solo per chiamarli e assisterli – puntualizza Davide Lauri – ma siamo fiduciosi».
Già nel 2016 una prima azione propedeutica aveva arruolato oltre 196.800 pazienti fra ASL, Cooperative e medici di famiglia.

Dal 1 gennaio 2018 al 31 ottobre 2019 nel contesto del monitoraggio della malattia cronica sono state prenotate 287.332 prestazioni sanitarie, di cui il 79% attivati dalle cooperative di medici.
Ma c’è di più: una rete di tv che informino i pazienti e l’epigenetica
Il focus è sulla prevenzione primaria, per evitare che la malattia insorga. A questo proposito, Co.S sta predisponendo un progetto di telemedicina a livello nazionale unitamente a Visionet, Smart tv che informino le persone in merito a temi di salute, nutrizione, stili di vita, da posizionare in centri medici e poliambulatori. Ed è proprio qui che emerge l’importanza di creare consapevolezza, soprattutto in un ambito: l’impatto dell’ambiente e degli stili di vita sulla salute.
Al seminario svoltosi il 21 settembre a Cremona su queste tematiche, la professoressa Grazia Fenu Pintori, ricercatore e professore associato di Anatomia Umana presso l’Università di Sassari, ha presentato i primi dati dello screening in atto sui longevi dell’Ogliastra, una delle zone blu del pianeta. Nel 2000, erano stati raccolti i campioni di DNA di oltre 10.000 persone al fine di comprendere il segreto della loro longevità in salute: ma nel 2016 il furto del DNA – ritrovato ma ancora sotto sequestro – aveva bloccato il progetto.
«Oggi siamo focalizzati non tanto sui fattori genetici, ma su quelli epigenetici – spiega la ricercatrice – perché sono gli stili di vita a determinare caratteristiche come la assenza di infiammazione, l’ottima salute cerebrale, la funzionalità immunitaria».

Per il monitoraggio, reso possibile grazie alla collaborazione di Aeronautica Militare, Agenzia del Demanio e Associazione dell’identità Ogliastrina e della Barbagia di Seulo, i ricercatori stanno utilizzando un sistema di mappatura dei marcatori epigenetici – SDrive – che utilizza la biofisica e l’intelligenza artificiale per fare uno screening totale dell’organismo partendo dal bulbo di tre o quattro capelli.
La possibilità di reale prevenzione, esiste
«Oltre 20 anni fa la scienza epigenetica ci ha rivelato che il DNA è un hardware, una sequenza di geni la cui espressione è determinata per una grandissima parte da fattori ambientali. Ovvero, come mangiamo, come pensiamo, come viviamo» spiega Giorgio Terziani, imprenditore che ha fornito all’Università di Sassari la tecnologia SDrive.
«Il bulbo del capello è uno dei biomarcatori più potenti che abbiamo: in passato abbiamo usato i capelli in tossicologia o per fare mineralogrammi, la NASA li utilizza per monitorare gli astronauti, ma il contenuto delle informazioni epigenetiche è ormai avallato anche da Università prestigiose come Harvard».
Università di Sassari ha da pochissimo realizzato una tesi sui disturbi cognitivi utilizzando il sistema SDrive, che ha fatto emergere l’impatto di stress, emozioni, cicli sonno veglia sui sistema adrenergico e sulla funzionalità cerebrale.
Al pari, questa tecnologia sta rivelando le caratteristiche sorprendenti dei centenari ogliastrini, evidenziando ottimi marcatori sotto il profilo metabolico, immunitario, cardiovascolare, adrenergico e dimostrando l’assenza di stress ossidativo, di carichi emotivi invalidanti e di infiammazione cellulare.

Il monitoraggio epigenetico sembra un’ottima via anche sul fronte della medicina generale, come rivela Antonio Di Malta, presidente di Consorzio Salute: «fra i nostri progetti vi è l’inserimento di questa tecnologia nella medicina di base, per mappare in modo semplice i fattori che stanno interferendo con lo stato di salute della persona e realizzare una vera medicina personalizzata».