Natura e Genio secondo il pensiero di David Farrier
Cosa distingue nettamente mondo naturale da mondo “umano”? Ce lo svela il giovane ricercatore britannico David Farrier nel suo ultimo libro «Il genio della natura – Lezioni di vita dalla Terra che cambia».

Docente di Letteratura Inglese all’Università di Edimburgo, Farrier ci chiama a raccolta invitando a riflettere sul concetto cardine di “plasticità“ che ha portato piante e animali a rispondere con intelligenza sopraffina e inattesa creatività all’attuale crisi ambientale, secondo un principio di adattamento che ha portato a trasformazioni incredibili.
L’uomo impone limiti e cambiamenti al mondo naturale ma quest’ultimo non solo si adatta anzi si reiventa e li supera. Come?
Esempio che vale per tutti è il fenomeno della deforestazione a cui gli uccelli hanno risposto modificando nel corso degli anni le loro ali mentre le rane, con l’invasione delle microplastiche, hanno ampliato i loro intestini. Questione di flessibilità o – se si preferisce – di capacità adattiva. E anche ricettiva. Del resto “la natura non parla, ma insegna”. Parola di Farrier.
Il presupposto è semplice, difficile invece e’ attuarlo specie per un genere umano arroccato su stesso, sovente incapace di vedere nell’ostacolo un’opportunità.
Dovremmo piuttosto partire dal presupposto che una barriera possa diventare un rifugio, così ci ritroveremmo al centro di un fenomeno a dir poco affascinante, l’ “exaptation”, che sino ad ora ha reso insuperabile e grandioso il mondo animale.
Il concetto è quello dell’evoluzione biologica laddove un determinato carattere si evolve progressivamente secondo una funzione di adattamento sino ad avere uso e scopo diversi dalle origini. Proposto da Stephen Jay Gould ed Elisabeth Vrba, questo concetto sottolinea come le strutture e le funzioni non siano sempre direttamente legate e che la natura “riadatti” in modo opportunistico ciò che ha già a disposizione, come nel caso delle piume degli uccelli, la cui funzione originaria era l’isolamento termico, usate alla fine per il volo.
Da circa quattro miliardi di anni, del resto, la vita sul globo terracqueo è in continua fase di sperimentazione e ogni volta nuove forme con cui affrontare le sfide del momento nascono. Si affermano. E lottano facendo appello a tutta l’ingegnosità possibile della natura per rispondere alle pressioni esercitate dall’Uomo sulla trasformazione degli ecosistemi e del clima.
Pazzeschi i ragni che per difendersi e accrescere il loro raggio d’azione hanno appreso un super poter: espandere il proprio cervello lungo tutta la ragnatela. Altrettanto sensazionali gli elefanti che nascono ormai senza zanne per sfuggire alle letali attenzioni dei cacciatori. In Scozia e nei Paesi Bassi sono stati addirittura osservati uccelli che strappano i dissuasori anti-volatili – pensati per tenerli lontani dagli edifici – e li usano per costruire nidi sicuri mentre le rondini americane dei dirupi hanno sviluppato ali più corte e aerodinamiche per sopravvivere lungo le strade. Tutto in pochi decenni.
La Natura, in sostanza, si reiventa secondo quel Genio di cui parla Farrier, in un’epoca che volta le spalle all’Antropocene e guarda verso il Simbiocene.
Simbiocene e Solastalgia. Dall’Australia al resto del mondo
“Il Simbiocene – un’era in cui gli esseri umani riscoprono il loro posto nella rete delle relazioni viventi – è il miglior futuro a cui possiamo aspirare; forse l’unico davvero auspicabile, visto che l’alternativa è una separazione dalla natura, che sta diventando sempre più dannosa. Vale la pena ricordare che Glenn Albrecht, il filosofo australiano che ha coniato il termine “Simbiocene”, ha inventato anche “solastalgia” per descrivere la sensazione di lutto per il mondo che stiamo perdendo. Il nostro rapporto con la natura è complesso: siamo connessi agli altri esseri viventi anche attraverso i danni che infliggiamo, costringendo molte specie ad adattare corpi e comportamenti per sopravvivere su un pianeta dominato dagli uomini e noi possiamo imparare molto dal loro esempio”.
Lasciamoci allora ispirare da una Natura che insegna il rispetto e la capacità di cambiare prospettiva senza stravolgere ma anzi migliorando il punto di partenza in una compenetrazione fra specie al di la’ di interessi personalistici biechi e distruttivi.
Si possono apprendere le lezioni della Natura in silenzio, ascoltandone il ritmo vitale, cogliendo la bellezza del cambiamento continuo. E non solo climatico. Il pianeta che abitiamo è un sistema in costante tensione e mutazione, capace di autoregolarsi: ogni essere vivente partecipa a questo equilibrio dinamico, affinando strategie geniali in risposta alle molteplici pressioni ambientali.
Le geometrie alari degli uccelli migratori, la struttura collettiva degli alveari, la rete sotterranea che connette le radici degli alberi, l’architettura delle barriere coralline: sono solo alcuni esempi di un’intelligenza ecologica diffusa, non lineare, che si manifesta in infinite forme. Riconoscere che anche l’uomo fa parte di questo flusso evolutivo significa accettare che il cambiamento, persino quello climatico, può essere visto non solo come minaccia, ma come un’opportunità.
Animato da una sensibilità scientifica e poetica insieme, David Farrier attraversa foreste e città, fondali marini, musei e laboratori, per raccogliere le voci e i desideri di chi studia le visionarie trovate tecnologiche ispirate dalla natura: attivisti climatici, biologi e architetti, ma anche poeti, musicisti e artisti. Ne emerge un quadro ricco di temi e casi originali – edifici che imitano le strategie delle piante, centri urbani che crescono organicamente come ecosistemi, materiali perfezionati dai cicli biologici – che racconta di quanti strumenti disponiamo per affrontare le trasformazioni del presente: spesso la natura ha già la risposta pronta, basta saperla e volerla ascoltare.