La moda di valore sfila in banca
E se “sostenibile” fosse il bello e ben fatto in Italia? Con tessuti customizzati, ricerca, verticalizzazione produttiva e un processo di filiera controllabile dalla genesi della prima fibra alla vendita finale? Una piccola griffe italiana, De Santis Alvarez, rappresenta questo modello. Soprattutto, rappresenta l’equilibrio fra costo e valore, come insegnava l’editor in chief di Far Fortuna Risparmiando nel film I love shopping.
A metà novembre De Santis Alvarez ha presentato l’autunno inverno nella sede di Fineco in Corso Garibaldi, riscuotendo un tale successo da rendere verosimile la ripetizione della kermesse in maniera stabile.
In una società fluida, in effetti, non dovrebbero esistere barriere di genere in alcun ambito. Bisognerebbe appaiare le cose per risonanza. E sicuramente, la moda di De Santis Alvarez e il parterre clienti ed operatori della banca Fineco hanno trovato una affinità elettiva!
Un modello di business moderno ma basato sul “bello e ben fatto”
Carmine de Santis è un sarto, viene da una famiglia salernitana che è stata emblema di artigianalità: suo padre, Aniello de Santis, ha saputo incarnare il desiderio di bellezza puntando molto sulla pellicceria e vestendo, con la sua abilità manuale, celebrità del calibro di Pavarotti.
La cultura del valore qui si impernia su una eredità genetica e sulla visione acquisita trasferendosi a Milano, crocevia europeo. In via Ariberto 1, all’angolo con corso Genova, a due passi da boutique storiche della moda, De Santis ha incrociato la sua competenza con l’estro di Martin Alvarez, creativo colombiano famoso per i suoi abiti destrutturati costruiti su manichino. É nato così il duo De Santis Alvarez, titolare di un atelier con clientela privata e artefice di collezioni meravigliose che prendono la via degli Stati Uniti, di Montecarlo, di location esclusive e dei salotti bene di Milano.
Filiera verticale e forte identità di prodotto
Un paio di anni fa la griffe ha acquisito uno stabilimento produttivo a Vigevano, acquisendo così un totale controllo sui prezzi a partire dalla elaborazione stessa del tessuto, che rappresenta il vero atout di De Santis Alvarez unitamente alla capacità di rielaborare il classico portandolo a codici nuovi. Caban completamente “smontabili” con giochi di cerniere, abiti in cui il piping a contrasto disegna i volumi, florilegi e broccati su spolverini urban, giochi di tagli sulle maniche delle giacche, fodere a contrasto.
E poi la sera, con prodezze couture fra cui gli abiti intagliati nel tulle e i destrutturati da cui non avanza nemmeno un angolo di tessuto, ogni centimetro viene utilizzato.
Così, un cappotto da atelier viene a costare un 30% in più rispetto a capi che si trovano sul mercato del “fast” rivelando però non solo una apparenza di sartorialità, ma una sostanza potente.
La trasversalità come modello di business
La moda di De Santis Alvarez arriva a sfilare in banca dopo anni di eventi trasversali. L’atelier di Milano è stato teatro di presentazioni gourmet, di eventi legati alla salute e alla giovinezza, di road show tecnologici mirati alle presentazione di device per l’antiage, diventando punto d’appoggio per prodotti creati con materie prime nobili e di cosmesi avanzata. Ogni cosa potesse incrociare il target potenziale con altri ambiti merceologici è stato esplorato e l’approdo da Fineco è consequenziale a una mentalità vincente. Think global e act local trova qui la sua manifestazione puntuale.